Villaggio globale e razzismo

 

1 premessa

Il maggior ostascolo alla costruzione del villaggio globale della democrazia e dei diritti umani è che  esso si presenta, al momento solo come villaggio della comunicazione e dell’economia, e certamente non della  politica.

Tuttavia al di là delle diverse forme di discriminazione , e quindi anche di  razzismo che  cratterizzano in ogni parte del mondo i rapporti umani ,c’è una costante : un  porofondo spirito di intolleranza e l’incapacitè di risolvere costruttivamente i confliti sulla base dell’innovazione.’dovuto ad un evidente ritardo culturale che  spesso non consente di  aprire nuovi orizzonti.

Oggi il razzismo dunque non è che uno degli aspetti della  discriminazione, dei  diritti negati o calpestati  e  si pone  sempre in  modo nuovo nei diversi contesti sociali identificandosi largamente con  la storia umana , nei diversi continenti e nelle diverse epoche.

 

2 Il problema

Qual è la chiave per interpretare questa diversità e ricondurla ad una dinamica  che consenta non solo l’amnalisi del fenomeno ma anche  la soluzione del problema e delle contraddizioni che  alimenta in modo tale da poter  ipotizzare una  strategia politica coerente e costruttiva ?

In altre parole   è’  lecito mettere sullo stesso piano il razzismo  Hitleriano con quello di Heider ?

 

Noi azzardiamo un’ipotesi :

 

è  possibile distinguere tra le vecchie e le nuove forme di  emarginazione e di razzismo sulla base dei principi dichiarati alla  base  delle diverse comunità?

 

C’è infatti un  motivo di fondo che alimenta l’ambiguità e la contraddizione della nostra epoca e che distingue il razzismo  tradizionale da quello che potremmo chiamare Neorazzismo : il diverso contesto  politico e sociale dal quale scaturiscono ..

 

3  Il Razzismo  storico

 

Nel passato abbiamo sempre avuto società  fondate su rigidi meccanismi di esclusione che si fondavano  sull’integrazione gerarchica dei gruppi sociali e non certamente  sull’individuo. Ognuno contava in quanto appartenente al nucleo famigliare, alll’etnia, alla classe sociale e si inseriva ,all’interno del gruppo, secondo un ordine gerarchico  determinato dal sesso, l’età , piuttosto che dal merito  .

Il grande problema di queste comunità ,sempre impegnate in una dura lotta per la sopravvivenza,  era quello della conservazione : di se stesse ,dei saperi, delle gerarchie e  delle sia pur  minime strutture sociali.

Si trattava di culture che non conoscevano il  cambiamento se non come evento straordinario e che quindi davano vita a società organizzate per gestire la conservazione piuttosto che l’innovazione, Per questo  vengono definite “ statiche “ e sono anche chiamate “esclusive,” perchè fondate sull’esclusione  degli individui e della maggior parte delle classi sociali,   dai llivelli superiori di qualità della vita, intesi come  privilegio di minoranze ottenuto   con la forza, prevalente se non unico fondamento del diritto.

Erano inoltre società autosufficienti nelle quali la differenziazione  tribale o etnica  risultava effetto di un’ organizzazione gerarchica garantita persino da  rigide norme demografiche  – per sempio divieto di matrimonio tra   gruppi diversi-  che si innestavano su un ceppo  sostanzialmente  omogenei anche sul piano dell’ identità culturale.

Lo sviluppo ,in mancanza di innovazione , era di tipo quantitativo piuttosto che qalitativo, dato il  bassissimo  livello di divisione del lavoro  che  limitava le possibilitè di differenziazione  sociale facilitando   la coesione della gerarchia ,

Nel mondo antico  abbiamo conosciuto  società multiculturali e  multetcniche  riconducibili a questo modello, ad esempio una delle più complesse ed articolata fu  la repubblica e l’impero romano, nelle quali il principio dell’esclusione  non venne mai messo minimamente   in discussione come fondamento del contratto sociale , pur assistendo ad una serie infinite di lotte  che minacciavano e sconvolgevano lcontinuamente  l’ordine e la gerarrchia costituiti .In questo tipo di strutura sociale la conflittualità ,anche  quando  riguardava  le  regole del gioco ,non metteva  mai in discussione la pratica ed il principio dell’esclusione: di volta in volta si trattava semplicemente di decidere  chi doveva  essere escluso : da che  e in che misura .L’eclusione poteva  arrivare fino alla morte , ma era più spesso rinuncia alla qualità della vita  attraverso diverse forme di  emarginazione e sanzioni  che arrivavano ,fino all’esilio.

Al di là delle lotte e delle contraddizioni superficiali c’era una profonda coerenza e d omogeneitè di fondo riconducibile ai principi su cui tali società si fondavano

Nonostante  che la violenza  fisica  ricorrente e diffusa  costituisse il tessuto connettivo di queste società   vale  la pena di  analizzare i meccanismi attraverso i quali si esprimevano  l’aggressività e la violenza psicologica : allo scopo di evitare lo scontro fisico   si andava dalla    dissuasione  all’intimidazione, alla minaccia . Tabù, ritualizzazione e perfino sublimazione dell’esclusione., avevano il fine di giustificarla ,arrivando anche a tentativi di razionalizzazione  in sintonia con le culture dominanti.

L’elaborazione di  tali operazione  coincide con  l’identità della società nella quale si inserisce  ,   è piuttosto semplice quando l’aggressività psicologica deriva immediatamente dal timore di quella fisica,  risulta più complessa  quando la violenza  viene organizzata e consapevolmente istituzionalizzata. Si i esprime a livello religioso nelle società  teocratiche, scientifico in quelle laiche  : si  va dall’esclusione determinata dalla presupposta mancanza di anima, a quella  dovuta a elementi di natura biologica   mettendo sullo stesso piano, ai fini dell’esclusione, elementi oggettivi : sesso, età, condizione sociale, convinzione religiosa, con altri  soggettivi : mancanza dell’anima, presunta inferiorità intellettuale, appartenenza a  gruppi o categorie  emarginate  perché connotate dall’esclusione.

Tuttavia un elemento va sottolineato : siamo di fronte a culture coerenti, nelle quali l’emarginazione  si realizza  sulla  base degli stessi principi che  informano la società fedeli ad una logica dichiarata ed esplicita .

Non a caso  in questi contesti la violenza  è sempre percepita come valore, dominante perché  ampiamente condiviso e vincente. Pertanto il violento  è pienamente gratificato e   il privilegio va ostentato  perché  è in  perfetta sintonia con  la società e ha un forte valore intimidatorio. Al  contrario l’esclusione è una colpa  e alla  frustrazione  della propria condizione  si aggiunge  il disprezzo sociale.

In  contesti di questo genere  si può dunque essere antropofagi e onorati,  si po’ praticare il mercato degli schiavi ed erigere cattedrali di ringraziamento agli dei ,si può essere maschilisti e rispettare ed amare le  proprie  donne, anzi più si pratica la discriminazione e maggiore è la considerazione  di cui si gode,

Ciò che conta infatti non è il rispetto per l’individuo ma quello per il gruppo, la classe sociale di appartenenza, le istituzioni,  le gerarchie sociali.

E’ chiaro che siamo  in una  conflittualità senza fine e senza esiti  che  ,al di là della coerenza dei principi, ha espresso   una  contraddizione di fondo , di tipo funzionale : la cultura dell’esclusione non è mai riuscita a costituire una società stabile  e sicura, non solo per l’individuo ,obiettivo non perseguito, ma anche per i  gruppi sociali e  la società stessa nel suo insieme.

 

4 Il neorazzismo

Non c’è dubbio che la società contemporanea sia profondamente diversa da quella appenda descritta, soprattuto dal punto di vista tecnologico.  Il progresso tenico  scientifico ha determinato uno sviluppo sociale diverso :non più quantitativo ma  sempre più qualitativo :Basti pensare alle attività  svolte da  piccoli nuclei sociali, come la famiglia, una volta tendenzialmente   autosufficienti, oggi  affidate  a settori specialistici ; cibo, vestiario, acqua, energia, educazione,  sono  garantiti dalla  produzione industriale.

Ma a noi ,in questa occasione, interessa  soprattutto sottolineare  l’impatto  determinato dalla  rivoluzione dei trasposti e delle comunicazioni  dando vita al  cosiddetto  villaggio globale .  La società contemporanea  ,globalmente percepita,  non si caratterizza più per una composizione a blocchi differenziati, o se preferite , per stratificazioni  precise ;  siamo di fronte ad un struttura eterogenea ,variabile e  differenziata, sempre più spesso a macchia di leopardo

Fino alla prima metà del secolo scorso ,a parte gli Stati Uniti d’America , ma anche lì sia pure in minor misura, la questione razziale  aveva una sua  connotazione  territoriale  e   culturale .In  alcune aree di diversi  paesi erano presenti forti  minoranze  che premevano per  ottenere il pieno riconoscimento dei loro diritti .(in Usa negri,  italiani, irlandesi, greci, indiani, cinesi  di etnie, culture ed identità ritenute incompatibili con  il sogno americano)

Oggi  il fenomeno dell’immigrazione è talmente diffuso che  il problema riguarda quasi tutti  gli stati, di tutti i continenti,  sia pure in misura diversa. e  presenta  queste caratteristiche non più a livello territoriale  ma locale,

Inoltre  le identità culturali appaiono sempre più variegate e difficilmente riconducibili a stereotipi tradizionali :  una volta   i  comportamenti di un cattolico italiano  erano certamente diversi da quelli di un protestante svedese, oggi non è più così : ogni forma di discriminazione non può più reggersi su  generalizzazioni  di tipo semplicemente etnico o culturale,.

Nel   Seicento  lo schiavista europeo operava prevalentemente in un contesto territoriale che non era quello di  appartenenza ,  la discriminazione  aveva scenari  lontani ed era a scapito di   sconosciuti, certamente profondamente  estranei se non sicuramente diversi .

La società liberale  non aveva esperienza diretta  e quotidiana della discriminazione razziale :la diversità era  lontana e quindi paradossalmente   più facile da  concepire  e discriminare.

Oggi  tutto questo è più difficile  ,la discriminazione cade sotto i nostri occhi ovunque venga praticata e lo straniero   è un personaggio esotico ma un’ esperienza quotidiana.

Per questo   l’esclusione  ed ogni forma di giustificazione relativa , richiedono elaborazioni molto ,più complesse e sofisticate,

.Tuttavia questi  non sono che gli aspetti  più evidenti  ma anche più superficiali   che fanno da sfondo  al  razzismo  dei nostri tempi . Il cambiamento più significativo dello scenario  è proprio quello che più spesso viene ignorato ,quello che  risale alle rivoluzioni francese ed americana  e che rappresenta una svolta epocale nella storia dell’umanità. :  l’affermazione dei diritti dell’uomo posta  a fondamento del contratto sociale. Finalmente l’individuo  e i suoi diritti sono al centro e alla base della costruzione sociale che non  è progettata per  l’esclusione ma deve garantire a tutti pari opportunità..

 

5 neorazzismo e xenofobia

Le nostre società si propongono dunque come dinamiche e inclusive ,cioè  concepite per recepire e produrre cambiamento  ottimizzando le risorse umane, canalizzando e sublimando costruttivamente  l’aggressività ,sempre  disposte a rimettersi in discussione e a riorganizzarsi  in funzione della piena attuazione dei diritti  umani..

E’ evidente che in questi tipi di società l’emarginazioe appare  come una contraddizione  intollerabile ed è dunque  altrettanto chiaro che  là dove essa si è manifestata e sopravvive , costituisce un aspetto patologico  dell’organismo sociale che ha potuto sopravvivere a causa di un  mancato adeguamento qualitativo, la cui giustificazione può essere  elaborata solo attraverso  la manipolazione o la  negazione più o meno esplicita  dei  suoi principi.

Di conseguenza il  razzismo  in questo nuovo contesto non è più organico al sistema  e non può quindi  riproporsi  nei modi e nei metodi tradizionali a meno di non fallire  clamorosamente i suoi obiettivi.

Data la nuova struttura sociale a macchia di leopardo, la perdita delle  tradizionali identità culturali la difficoltà di individuare blocchi ed aree omogenee rinunciando alle giustificazioni tradizionali su base etnica o culturale, ma si ripropone  sotto mutate spoglie  in modo più sofisticato e  discreto  traducendosi in pura e semplice  xenofobia, non dichiarata e non manifesta ,ma sottile ed efficace .  I  nuovi esclusi sono gli stranieri : la loro diversità  è  data dalla  non appartenenza alla condizione giuridica di cittadino,. ovvero alla carta dei diritti-doveri elaborata dallo stato borghese  ottocentesco.

 

La discriminazione dunque  sopravvive ma come  contraddizione  e dà vita ad un paese reale e ad uno legale  dove esistono diritti affermati e diritti reali.

Questo  è  il contesto sociale  e politico in cui si manifesta il neorazzismo  e questo è il suo nuovo volto: una pratica  dell’esclusione incoerente e patologica rispetto ai principi fondanti della società , che non  può e non vuole manifestarsi apertamente ma che alimenta e si nutre di ambiguità.

Questo atteggiamento  è riconoscibile sia  a livello individuale e istituzionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

6  il neorazzista

Il Neorazzista non afferma esplicitamente la propria posizione ,anzi  nelle sue manifestazione esordisce sempre con   “io non sono razzista ma “” espermendo chiaramente il disagio che vive , sia pure a diversi livelli di consapevolezza. Non  può infatti, come il suo antenato, o come il suo più rozzo contemporaneo,  esprimere alcun compiacimento della propria posizione soprattutto se  particolarmente sensibile all’approvazione  sociale, caratteristica dominante del buon conservatore.

Così  le sue affermazioni e i suoi comportamenti risultano contraddittori : a pratiche di esclusioni  si accompagnano pratiche assistenziali, ( la carità  è per l’escluso il surrogato dei un diritto non goduto). Spesso ricorre alla cultura del danno necessario, o del minore dei mali. Bastone e carota, dunque, ma sempre a fin di bene, quello che egli individua il bene, interpretando prepotentemente  i bisogni reali  dei diretti interessati,

Pratica della prevaricazione : non si sa perché ma, “ io ho più competenza sui tuoi problemi di quanto ne possa avere tu” !

 

7   Xenofobia istituzionale

In questo tipo di contesto sorgono difficoltà di ordine politico e istituzionale determinate dal fatto che ,come in ogni società che si evolve qualitativamente, il processo di rinnovamento  appare lungo, difficile, a causa di resistenze e di  false assunzioni del problema

che determinano  resistenze all’innovazione sul piano culturale, economico-sociale e politico.

I sono di due tipi : il primo è dato dalla sopravvivenza di vecchi valori, che permeano per abitudine i comportamenti , tanto più forte quanto più assunti  acriticamente sulla base di un modello autoritario,

  • il secondo dall’ignoranza del nuovo e dalla difficoltà di interpretazione che coincide con un ritardo culturale.sulla base.

tutto ciò si riflette anche sul comportamento della sinistra ,da una parte non sempre consapevole della portata dell’innovazione, dall’altra condozionata dalla ricerca di un consenso politico che  trovsa le sue radici in un tereno non ancora adeguatamente prparato,  condizionato dl ruolo giocato dall forz co dagli intrssi consrvatrori.

In qusto contsto, il più dell volte lo Stato borazzista non viola di diritti umani  ma li rgola.

creando una nuova figura di escluso che  non è fuori dalla legg, ma  irrgolare .

L’azione normativa non può e non vuol  negar l’esercizio dei diritti umani e allora  pretende di regolarli, giustificando  questa strategia con  la preoccupazione di dare loro piena attuazione , almeno per alcuni.

Si ricade così in un a dinamica classica dell’esclusione –

:

  • somministrazione dei diritti ad alcuni  a scapito di altri,
  • espropriazione della libertà intesa come autodeterminazione individuale ad opera di altri che gestiscono il potere.
  • accettazione della diversità come condizione discriminatoria
  • legittimazione attraverso una proposta di giustificazione fondata sul ,realismo della politica in contrasto con l’utopia della morale  e della cultura, in nome del mantenimento della pace sociale  garantita dall’esercizio del privilegio.

 

Un esempio ?

migrazione  art 13

lavoro art 23

diritti politici art 21

diritti civii art 15

diritti sociali art 22

istruzione art.24

Il pericolo razzista in  Italia non viene generalmente percepito perchè:

  • E’ evidente un impegno  delle istituzioni  e della maggioranza dell’opinione pubblica  contro le forme tradizionali di razzismo legate agli stereotipi  razziali e sessuali
  • persistono altre forme di emarginazione  inconsapevole  nei confronti di alcuni aspetti della diversità   minoritarie  : di religione, età , comportamenti
  • la discriminazione istituzionale  si fonda la negazione dei diritti umani, peraltro poco  conosciuti dalla popolazione, ed  è largamente condivisa  non solo  tra partiti di destra ma  anche tra  alcuni attori  e soggetti  che operano nel sociale.
  • grava una tradizione legislativa  fondata   caratterizzata da una vocazione  normativa  “forte” che pretende di regolamentare tutti gli aspetti della vita  del cittadino .
  • si tende a risolvere i problemi  semplicemente  omologando la legislazione interna a quella europea.
  • ruolo della cultura
  • Insostenibilità della contraddizione o Heider o affermazione dei diritti umani reglamentazione = programazione dei la progressiva affermazione dei diritti umani rivendicazioni SOS                                                                                                                                                                                                           di Alberto Buttaglieri