Archivi autore: SOS Razzismo

CORALLI 49° appuntamento

del 28 dicembre 2021

Non emozionano quasi più le morti nel Mar Mediterraneo. Una malcelata indifferenza attanaglia questa ecatombe di esseri umani. Manca forse il nemico contro cui scagliarsi. A parte la parentesi di un ministro degli interni dalla faccia tosta…tanto per essere gentili. Ma l’ecatombe c’era anche prima ed è proseguita dopo. A noi rimane lo sdegno per la realtà delle cose e manca il coraggio per cambiarle. Perché la speranza, sentimento proprio delle feste natalizie, è composta di sdegno e coraggio.
Alla vigilia di Natale è stato salvato da un naufragio, anche un bambino che ha appena 18 giorni, metà dei quali trascorsi in mare; si chiama Mokibel, ma la madre ha deciso di dargli come secondo nome “SOS”. Come il messaggio internazionale di aiuto e come il nome della Ong che gli ha salvato la vita, SOS Mediterranèe.
Se ci fosse stato bisogno di un messaggio nuovo a tutto il mondo, questo di mettere il nome di Sos ad un neonato migrante lascia il segno.
Occorre dargli ascolto.
E pensiamo che anche il bambinello Gesù lascerebbe il posto centrale del Natale a Sos.
Sta a noi essere i suoi Re Magi. Di tutti i migranti.

IN TEMPO REALE Incontro n 19

del 28 dicembre 2021

Quando si influisce in maniera significativa sul proprio tempo, spesso si rimane indelebili nel tempo.
E’ il caso del vescovo Desmond Tutu, morto in questi giorni all’età di 90 anni. Insieme a Mandela era stato protagonista della lotta all’apartheid in Sudafrica. Insieme a Mandela rimane nel tempo come simbolo del riscatto. Il coraggio non ha tempi limitati. Il coraggio è un atto che rimane nel tempo.
Rimangono nel tempo gli insegnamenti di Desmond Tutu che diceva “Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore”
E con la forza delle parole ha sconfitto il razzismo. Utilizzando l’invettiva, il richiamo ai valori ma anche a storielle ironiche come fece, tra l’altro, nel discorso pronunciato per l’accettazione del premio Nobel per la Pace nel 1984:
“Si dice che un giorno un cittadino dello Zambia conversava con un sudafricano. Lo zambiano si vantava del ministro della Marina del suo Paese. Il sudafricano gli chiede: “ Ma se non avete uno sbocco sul mare, come fate ad avere un ministro della Marina?” E lo zambiano lo rimbecca “Beh, e voi in Sudafrica, non avete forse il Ministro della Giustizia?”
Mancano, specie in Europa, voci profetiche come Desmond Tutu che combatteva tutte le apartheid, anche quelle più invisibili che diventano pregiudizi, abitudini, che crescono nell’omologazione

IN TEMPO REALE Incontro n 18

del 21 dicembre 2021

L’arte fa parte dell’agenda del tempo da vivere con libertà.
L’arte è anche raffigurazione del tempo stesso.
Guido Tonelli nel libro “Tempo” edito da Feltrinelli dedica le prime pagine a questo tema. Con l’esempio del dipinto “Tre età dell’uomo” di Giorgione alla Galleria Palatina di Firenze.
“Con uno stratagemma classico l’opera ci presenta una riflessione sulla precarietà della condizione umana. Lo stesso personaggio è raffigurato prima da giovane, poi uomo adulto e infine da vecchio; le tre figure interagiscono amabilmente, mascherando nella più totale naturalezza un’assurda sincronia di eventi distanziati, nella realtà, da decenni”
E, sempre nel libro l’autore cita Rembrandt van Rijn che nei suoi molti autoritratti fatti nei decenni della sua vita si nota
“con quale minuzia di particolari ha voluto registrare l’avanzare inesorabile del tempo: la pelle del viso che diventa sempre più flaccida, gli occhi che perdono fermezza, venuzze che fuoriescono ovunque non imperversino già le rughe e i tratti del pennello che accompagnano, con un segno che si disfa nel colore, questo progressivo liquefarsi della vitalità. Così Rembrandt regala una serie magistrale di autoritratti con i quali sembra anticipare i moderni software di face morphing, capaci di trasformare in pochi secondi il fresco visino di un neonato nel volto decrepito di un centenario”.
L’arte attraversa il tempo, illustra il tempo, testimonia il tempo.
Dedichiamole sempre un po’ di tempo.

CORALLI 48° appuntamento

Antonio Staglianò, vescovo di Noto ha detto che Babbo Natale non esiste, sollevando un polverone, ma anche risposto ad un giornalista che gli chiedeva dove nasce oggi Gesù: ”Penso a quelle donne che partoriscono in barconi sovraffollati, in mezzo al mare, ecco è lì, in quel grido di dolore che nasce Gesù. La sua nascita è un atto d’amore, così i bambini quando riceveranno i regali dovranno pensare ai loro coetanei che non potranno riceverli, non coltivando più l’egoismo di dire è tutto mio”.
Il Natale moltiplica gli interventi sui veri poveri del nostro presepe quotidiano. La scrittrice Barbara Stefanelli scrive una cosa chiara, consolidata, impegnativa che spesso dimentichiamo: “Le migrazioni sono un flusso continuo, non un’emergenza intermittente”.
Il nostro, sì, il nostro Roberto Saviano ci ricorda la cosa bella dell’esperienza di Riace. “L’accoglienza fa bene non solo a chi è accolto ma anche a chi accoglie. Ha rappresentato per anni l’alternativa ai casermoni, alle palestre, agli hotel affittati in cui disperati vengono stipati speculando sul cibo che poi risulta riso e acqua. Riace ha dimostrato che è possibile accogliere là dove noi emigranti abbiamo lasciato terra abbandonata, qualche volta anche accogliere può significare rinascita sociale, economica e anche politica”
Riace: un esempio di presepe quotidiano.

Tra mito e realtà il concetto di cura delle nostre banche del tempo Di Angela Scalzo

“La Cura, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa avesse fatto, interviene Giove. La Cura lo prega di infondere lo spirito a quello che aveva formato. Giove acconsente volentieri. Ma quando la Cura pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva formato, Giove glielo proibì esigendo che fosse imposto il proprio. Mentre la Cura e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato formato fosse imposto il proprio nome, perché gli aveva dato una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò loro la seguente equa decisione: «Tu, Giove, poiché hai dato lo spirito, alla morte riceverai lo spirito; tu, Terra, poiché hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fintanto che esso vivrà lo possieda la Cura. Poiché però la controversia riguarda il suo nome, si chiami homo poiché è fatto di humus (Terra)”.

Ecco, l’humus delle banche del tempo è per noi la cura verso coloro con i quali veniamo in contatto! Persone, individui, correntisti, territori.
Aver cura significa avere a che fare!
la Cura è una relazione tra due soggetti che insieme costruiscono uno spazio (sempre provvisorio e variabile) di salute fisica, psichica, sociale. Lo spazio nasce dal mettere in comune le risorse di ciascuno: quelle che a uno dei soggetti fornisce la competenza tecnica e quelle che all’altro, persona, quindi corpo/mente/anima, dà la consapevolezza, l’esperienza, la conoscenza di sé.
Pertanto, il nostro lavoro di cura, in realtà, è un interscambio paritario perché non esiste un “sapere” più alto di un altro.

La Cura è quindi opera costante di numerosi diversi protagonisti uno dei quali è la persona, soggetto e non oggetto, che in quel momento ha necessità di ottenerla.

La Cura è anche la risposta della comunità ai bisogni di salute dei cittadini: bisogni espressi da loro stessi, non immaginati, interpretati, decisi da esperti e da sapienti.
La cura è rigenerazione, è l’armonica interazione di molteplici elementi: biologici, psichici, spirituali, sociali e non per ultimi ambientali.
Le banche del tempo sui territori sono perciò diventate un “piccolo welfare quotidiano” che rendono la vita più piacevole o comunque più vivibile, in particolare agli anziani, alle persone fragili, alle famiglie monoparentali, specie se donne, alle famiglie in difficolta, ed alle persone di diversa provenienza linguistico culturale che oggi vivono nei nostri municipi della Capitale.
Perché, nel suo significato più estrinseco, in quella rigenerazione urbana da tutti tanto auspicata, noi delle banche del tempo decliniamo la cura abbracciando interessamento attento alle singole peculiarità, riguardo ed attenzione alle diversità; rispetto e impegno per i nostri territori.
Grazie a tutti voi per l’attenzione e buon venticinquesimo!

Tra mito e realtà il concetto di cura delle nostre banche del tempo Di Angela Scalzo


“La Cura, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa avesse fatto, interviene Giove. La Cura lo prega di infondere lo spirito a quello che aveva formato. Giove acconsente volentieri. Ma quando la Cura pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva formato, Giove glielo proibì esigendo che fosse imposto il proprio. Mentre la Cura e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato formato fosse imposto il proprio nome, perché gli aveva dato una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò loro la seguente equa decisione: «Tu, Giove, poiché hai dato lo spirito, alla morte riceverai lo spirito; tu, Terra, poiché hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fintanto che esso vivrà lo possieda la Cura. Poiché però la controversia riguarda il suo nome, si chiami homo poiché è fatto di humus (Terra)”.

Ecco, l’humus delle banche del tempo è per noi la cura verso coloro con i quali veniamo in contatto! Persone, individui, correntisti, territori.
Aver cura significa avere a che fare!
la Cura è una relazione tra due soggetti che insieme costruiscono uno spazio (sempre provvisorio e variabile) di salute fisica, psichica, sociale. Lo spazio nasce dal mettere in comune le risorse di ciascuno: quelle che a uno dei soggetti fornisce la competenza tecnica e quelle che all’altro, persona, quindi corpo/mente/anima, dà la consapevolezza, l’esperienza, la conoscenza di sé.
Pertanto, il nostro lavoro di cura, in realtà, è un interscambio paritario perché non esiste un “sapere” più alto di un altro.

La Cura è quindi opera costante di numerosi diversi protagonisti uno dei quali è la persona, soggetto e non oggetto, che in quel momento ha necessità di ottenerla.

La Cura è anche la risposta della comunità ai bisogni di salute dei cittadini: bisogni espressi da loro stessi, non immaginati, interpretati, decisi da esperti e da sapienti.
La cura è rigenerazione, è l’armonica interazione di molteplici elementi: biologici, psichici, spirituali, sociali e non per ultimi ambientali.
Le banche del tempo sui territori sono perciò diventate un “piccolo welfare quotidiano” che rendono la vita più piacevole o comunque più vivibile, in particolare agli anziani, alle persone fragili, alle famiglie monoparentali, specie se donne, alle famiglie in difficolta, ed alle persone di diversa provenienza linguistico culturale che oggi vivono nei nostri municipi della Capitale.
Perché, nel suo significato più estrinseco, in quella rigenerazione urbana da tutti tanto auspicata, noi delle banche del tempo decliniamo la cura abbracciando interessamento attento alle singole peculiarità, riguardo ed attenzione alle diversità; rispetto e impegno per i nostri territori.
Grazie a tutti voi per l’attenzione e buon venticinquesimo!

IN TEMPO REALE incontro n°17

Del 09 dicembre 2021

Momenti di spessore provocano emozioni. È accaduto il 9 dicembre scorso.
Nella sede del Cnel, SOS Razzismo Italia e gli Stati Generali della Memoria hanno organizzato la riflessione annuale in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani. I partecipanti portano con loro l’atmosfera di impegno, di denuncia, di saperi che ha permeato l’evento.
Ha caratterizzato l’evento il ricordo del ragazzo del Mali ritrovato dopo la morte nel Mediterraneo e identificato per la pagella nascosta nei propri vestiti; un ricordo che rimarrà quotidianamente nel nostro agire progettuale.
Durante l’iniziativa si è approfondito l’impatto della pandemia sulla comunità ebraica: il negazionismo che ha provocato danni non solo alla collettività ma anche a persone sempre a rischio di discriminazione.
La pandemia sofferta da chi si è visto oltraggiato in manifestazioni no-vax a causa di alcuni idioti mascherati con casacche di deportati e stelle gialle. La pandemia vista da chi è stato accusato di complottismo.
La pandemia raccontata da chi ha lavorato in trincea per prevenire e per guarire.
La pandemia porta in prima linea il Diritto alla Salute, che abbiamo voluto, tra i Diritti Umani, mettere in risalto.
Come, allora, non ricordare Gino Strada, un eroe del diritto alla salute, morto poco tempo fa e che in una delle sue ultime interviste televisive disse: “Non sono d’accordo sulla denominazione di Ministero della Salute. Preferisco Ministero della Sanità Pubblica”
Perché per noi il Diritto alla Salute è innanzitutto un diritto per tutti e quindi un Diritto alla Sanità Pubblica.

CORALLI 47° appuntamento

Si è chiuso il mese di novembre che ha dimostrato come il rinviare all’Europa la soluzione del problema delle migrazioni equivale a chiedere aiuto al destino. Perché le tragedie del confine polacco-bielorusso e del naufragio della Manica hanno dimostrato che l’Europa stessa è un problema per le migrazioni
Non andare oltre la politica delle sanzioni ne ha dimostrato la debolezza come ha sottolineato Erri De Luca :
“Il boss della Bielorussa minaccia di interrompere le forniture di gas se arrivano nuove sanzioni europee. Congratulazioni all’Europa che s’è messa nelle mani di un “interruttore”. “
Rimanere ancorati al proprio orticello nazionale ha amplificato la debolezza della Unione europea come ha descritto Michele Serra:
“Impossibile anche solo concepire una comune politica dei Paesi europei per il governo dei fenomeni migratori, fino a che un braccio di mare che si traversa anche con le pinne e il materassino, la Manica, politicamente è vasto e procelloso come un oceano. Lo sanno bene gli ultimi annegati di una lunga serie, che hanno avuto almeno il discutibile vantaggio postumo di occupare le prime pagine di tutti i Paesi nord-europei, e fatto discutere quei Parlamenti e quei governi. Migliaia di annegati nel Mediterraneo non hanno potuto godere di un cordoglio così diffuso. Se si vuole attirare l’attenzione, conviene annegare nella Manica”

CORALLI 46° appuntamento

La giornata contro la violenza sulle donne è un momento di grande importanza per ribadire la lotta contro questa orribile tragedia che è ormai quotidiana.
Si moltiplicano le proposte di legge per inasprire le pene. Aumentano le prese di posizioni. Diventano sempre più massicce le manifestazioni. Ma si fa anche strada la prassi della prevenzione.
Un esempio importante è il protocollo Zeus, messo a punto a Milano dalla questora Alessandra Simone che la spiega così:
“Davanti ad una condotta che potrebbe sfociare in violenza domestica, convochiamo l’uomo intimandogli di interrompere ogni forma di aggressione anche verbale, invitandolo però a seguire un percorso di recupero trattamentale (non terapeutico) in un centro specializzato nel contrasto alla violenza e per i conflitti interpersonali.
Dal 2018 a Milano e provincia abbiamo ammonito e invitato a seguire il percorso oltre 300 uomini violenti, il 90 per cento di loro non hanno più manifestato forme di violenza e le mogli, le ex mogli, le compagne hanno riacquistato serenità”
Insomma è aperto un altro fronte per combattere questa tragedia continua: “il recupero degli uomini maltrattanti”.

CORALLI 44° appuntamento

Un automobilista, fermo davanti alle strisce pedonali per non investire un piccione “salviniano”, coglie l’occasione per dirgliene quattro. E’ un vero gioiello narrativo di Mattia Torri, un noto autore morto due anni fa e inserito in una raccolta di scritti nel libro “A questo poi ci pensiamo” uscito postumo recentemente. Eccone un breve brano : “E’ il Mediterraneo che mi fa veramente incazzare, che mi fa sentire impotente e disarmato, che la gente muore in mare con voi che ve ne sbattete… Ma non provate un briciolo di umana compassione? Guarda se devo esprimermi come il papa, è allucinante, ma non fa niente, consentimi di esprimere il mio profondo disprezzo per la vostra politica sull’immigrazione”
E Papa Francesco continua a tener caldo il problema e domenica 24 ottobre all’Angelus ha detto:
“Esprimo la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana. Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo”