7 ottobre 2020 ! a cura di Angela Scalzo

 

31 anni dalla più grande manifestazione antirazzista a seguito dell’uccisione di Jerry Hassan Masslo! Alla manifestazione noi c’eravamo, con i compagni francesi ed il loro motto -“ touche pas a mon pote”, non toccare il mio amico –  ma  noi, pur adottando il simbolo che unisce nel mondo la sigla SOS Razzismo, rappresentata dalla mano aperta in segno di stop al razzismo, decidemmo allora di utilizzare il motto “stringi la mano ad un nuovo amico”. E gli italiani accolsero bene, con interesse e partecipazione questa Associazione, nata per prevenire le discriminazioni e promuovere l’incontro con le nuove culture. Intanto ai “razzismi interni”, fra Nord e Sud, si stavano sommando quelli verso le “culture altre”. Ma il razzismo è come l’erba gramigna, infesta qualsiasi terreno e bisogna estirparla continuamente. Tutti noi eravamo consci che non avremmo mai dovuto abbassare la guardia e con coerenza, ma privi di risorse, abbiamo promosso intercultura fra i giovani nelle scuole, diritti nei posti di lavoro, solidarietà nei quartieri periferici delle nostre grandi città. Oggi questa nuova “aggressione razzista nei confronti di Willy Monteiro, un ragazzo di seconda generazione, di origine capoverdiana”,  è passata negli anni dall’indifferenza verso la diversità a forme dichiarate di razzismo verso l’altro, un razzismo differenzialista, un razzismo identitario che si manifesta anche e troppo  spesso in modo violento. Gli episodi di intolleranza si moltiplicano giornalmente e gli aggressori non si vergognano più, neppure, di dichiararsi razzisti.

Ecco  alcune frasi autorevoli  di membri della società civile che in questa giornata hanno voluto regalarci un loro punto di vista!

 Certamente la legge sancisce una presa di coscienza rispetto a determinati comportamenti. Quindi bisogna operare a livello culturale e politico per affermare definitivamente che il razzismo è la più odiosa delle discriminazioni qualunque sia il livello e la forma di violenza con cui si esprime, Quindi un reato gravissimo. Il problema è che questa consapevolezza spesso si limita solo ad alcune forme di razzismo, tutto sommato facilmente percepibili perché connotate da violenza ed aggressività.  Non si percepiscono invece come tali tutte quelle forme subdole di razzismo, di tipo burocratico amministrativo, che rappresentano il calvario di ogni immigrato. Sono storie di ordinario razzismo non adeguatamente analizzato e denunciato perché alcune forme di discriminazione sono ampiamente diffuse nella nostra società prescindendo dalla etnia ma che comunque sono più gravi per gli immigrati.   Per liberarci tutti, liberiamoci dal razzismo.                                                                                                                                              Alberto Buttaglieri docente

Penso che aspetti razzisti facciano parte della nostra cultura e società.  Il fatto che un giudice non ne sentenzi la matrice, non cancella l’esistenza del problema.                                                Giuseppe Casucci sindacalista

In un mondo da sempre in movimento, con alle spalle milioni di italiani arrivati in ogni paese, spesso vittime anche loro dell’ottusità di alcuni, non si può,  non si deve arginare, annullare fenomeni definiti razzisti per “legge”… dovrebbe essere “legge” non scritta, assodata, semplicemente ricordare che, come disse Einstein, apparteniamo tutti alla razza umana.  Giovanna Chiarilli giornalista

Il razzismo è un pericoloso pretesto di un malessere della persona, della comunità fino ad una intera società. Un omicidio è la punta di un iceberg, è la convinzione di essere espressione di un volere condiviso violento. Il razzismo per contrastarlo va discusso in ogni piano sociale, dalla scuola ai bar, dagli uffici ai mercati rionali. Troppo spesso le dichiarazioni di civiltà sul multiculturalismo, sui diritti per tutti ed altro, sono chiusi in convegni o nelle stanze di esperti analisti, illuminati opinionisti che a volte non conoscono nemmeno lontanamente il disagio della società. E’ quel disagio il brodo di cultura del razzismo.                                                            Marco Favale giornalista

 Il razzismo più o meno latente – condensato nella tipica frase “non sono razzista ma” – di cui giustamente ci si vergognava, sta vivendo oggi preoccupanti e violente recrudescenze, singulti d’odio sdoganati anche da un certo ‘clima’ che abbiamo vissuto negli ultimi anni e di cui le modifiche in corso al cosiddetto ‘decreto sicurezza’ rappresentano solo l’inizio di un percorso di risalita dagli abissi etici in cui il senso di umanità e comunità umana erano annegati, letteralmente. Dal mio specifico punto di osservazione, ovvero quello della narrazione mediatica del rapporto con l’Altro, trovo che chi fa informazione e maneggia il linguaggio (la cui capacità performante sulla realtà nell’opinione pubblica è dato acquisito) abbia una enorme responsabilità nel non alimentare muri reali e simbolici, culturali e cognitivi; nel non assecondare alcuni venti xenofobi intrisi di stereotipi e pregiudizi, portatori di derive arroganti, scomposte e disumane.  Oltre che in famiglia e nella Scuola – che ha un ruolo determinante nel suo approccio plurale, aperto, dialogante e universalista – il razzismo si destruttura (anche) con un giornalismo di qualità, che non sia urlato o facilmente sedotto dal sensazionalismo e da un fuorviante quanto ingiustificato allarmismo. E’ necessario perciò uscire dalle routine di un racconto schiacciato sulla cronaca (troppo spesso nera e poco incline alla lente ampliante delle buone notizie), sul qui e ora, per passare a una narrazione che faciliti più distese e significanti relazioni tra persone, parola e dimensione tutta da riconquistare ontologicamente.  C’è urgenza di un giornalismo che sappia contestualizzare e approfondire le singole storie all’interno di una più ampia visione di lungo respiro. Solo così potremo sperare di arginare populismi, nazionalismi e retrive chiusure identitarie che, se da una parte di razzismo si auto alimentano nel solco di egemoniche e presunte superiorità da tribù, dall’altra non potranno certo fermare il corso della Storia che veleggia malgrado noi e ogni tipo di tossica resistenza. Una Storia millenaria, è bene ricordarlo, di cui la mobilità umana è una determinate, necessaria, feconda costante evolutiva.                                                                                                                               Tiziana Grassi scrittrice

Questa è la mia sensazione cementata da anni di battaglie in tutti i tribunali italiani, interrogando e “confrontandomi” con imputati accusati di reati a sfondo razzista: il razzismo è una patologia le cui uniche forze scatenanti sono sostanzialmente due, ovvero la paura e l’ignoranza. E’ comune, tra l’altro, che gli ignoranti siano anche paurosi e capita spesso che i paurosi siano ignoranti.                                                                                                                    Massimiliano Madio avvocato

Dobbiamo superare la posizione difensiva o pessimistica dell’antirazzismo. Superare le richieste del solo inserimento, integrazione a favore dell’accoglienza- incontro-inclusione.  Numerosi passi avanti sono stati fatti nel sociale per l’accoglienza e contro i pregiudizi nonostante l’attacco politico delle destre. Valorizziamo le buone pratiche dell’accoglienza ora che anche la politica ha avuto un timido passo avanti con l’annullamento di alcuni decreti propaganda Salvini. La  strada è   l’inclusione , ius culturale,  ius soli.                                                                                                  Angelica Maoddi psicoterapeuta

Penso che il confine tra razzismo e non razzismo, sia molto labile. Bisogna far riferimento al clima culturale in cui si vive, alla legittimazione esplicita ed implicita a comportamenti discriminatori e violenti. In questo senso è davvero difficile distinguere se l’alterità del soggetto che ha subito la violenza, non abbia contribuito ad innescarla. Se la sua immagine, la valutazione inconscia della sua condizione sociale, la voglia di stabilire o ristabilire un nuovo ordine, la presunzione di subire solo lievi o nessuna conseguenza da quell’atto, abbia originato la violenza omicida. Ma questo attiene solo al piano giuridico. L’uccisione di un ragazzo di soli 21 anni dalla pelle nera è invece un fatto monolitico, che non si presta a nessuna interpretazione. La violenza in qualche modo, è sempre razzista. Perché individua nella debolezza e nella diversità dell’altro, nell’attacco ai suoi diritti inalienabili, la ragione del suo essere vittima.   La violenza ha punito il suo voler essere diverso. Willy, peró, vivrà sempre, il suo martirio deve continuare ad interrogarci ed a scuoterci.                                                                        Nicola Natale giornalista

 Come tutte le cose anche il razzismo cambia pur di sopravvivere e poter continuare a discriminare sia socialmente sia con violenze la nostra comunità umana. Quindi ci vorrebbero persone veramente capaci e di volontà che cerchino di smascherare i fenomeni di razzismo che oggi si nascondono, colpiscono e poi si scusano. La memoria in questo ci può aiutare perché come avviene per i virus il nostro sistema biologico conserva traccia di ciò che è avvenuto e quindi è anche capace di sapere se ci si trova di fronte a qualcosa di già avvenuto, riconoscibile e pericoloso. Quei giudici quindi che non ravvisano i fenomeni degli asintomatici si comportano con leggerezza rischiando non solo la vita del paziente-parte lesa ma della società intera non adottando quindi misure adatte a identificare il fenomeno e il contagio sociale. Il razzismo non puoi prenderlo sotto gamba perché è qualcosa che passa anche dentro coloro che si vogliono identificare come nemici e se un domani il razzismo dovesse prendere il sopravvento su tutti allora una guerra razziale e dietro l’angolo. Già ne abbiamo sconfitta e disinnescata una quella del 1921-1946 e non è detto che saremo capaci di ripetere la precedente performance. Da una guerra tutti hanno da perdere ma anche da imparare.                                                                     Vittorio Pavoncello scrittore

 Trentuno  anni fa questo grave atto razzista scosse le coscienze di tutti! Oggi registriamo dolorosi episodi di violenza gravissima a sfondo razziale, accompagnati  da una forte assenza di umanità!                                                                                                                                                           Francesca Scalzo psicoterapeuta

Penso che il razzismo non sia soltanto l’atto violento e discriminatorio, ma anche il voler negare, o non riconoscere la matrice razzista dell’atto. Infatti il razzismo si nutre di odio e violenza, d’ignoranza ed indifferenza.                                                                                                                             Pietro Soldini  sindacalista

 

 

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